Alla luce della circolare INL 3/2018 la Fondazione Studi Consulenti del lavoro,con l’approfondimento del 12 febbraio 2018, evidenzia la necessità di definire, sotto il profilo normativo, criteri certi che consentano agli addetti al lavori di determinare la c.d. “maggiore rappresentatitivà” sindacale, prioritariamente per quanto concerne l’accesso agli sgravi e benefici contributi e normativi.
L’analisi non può che partire dall’art. 8 della legge 148:
“I contratti collettivi di lavoro sottoscritti a livello aziendale o territoriale da associazioni dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o territoriale ovvero dalle loro rappresentanze sindacali operanti in azienda ai sensi della normativa di legge e degli accordi interconfederali vigenti, compreso l’accordo interconfederale del 28 giugno 2011, possono realizzare specifiche intese con efficacia nei confronti di tutti i lavoratori interessati a condizione di essere sottoscritte sulla base di un criterio maggioritario relativo alle predette rappresentanze sindacali, finalizzate alla maggiore occupazione, alla qualità dei contratti di lavoro, all’adozione di forme di partecipazione dei lavoratori, alla emersione del lavoro irregolare, agli incrementi di competitività e di salario, alla gestione delle crisi aziendali e occupazionali, agli investimenti e all’avvio di nuove attività.”
Il criterio previsto dalla legge (mancata applicazione dei contratti collettivi sottoscritti da organizzazioni comparativamente più rappresentative sul piano nazionale), a parere dei Consulenti del lavoro, non è esente da criticità applicative, in quanto manca un criterio certo in base al quale stabilire, con assoluta certezza, la presenza di una rappresentatività “maggiormente rappresentativa”.