Come si individua un contratto collettivo comparativamente più rappresentativo? Non è allo stato possibile fornire dei criteri oggettivi, posto che non esiste uno strumento di verifica oggettivo nel settore privato del grado di rappresentatività dei contratti. Ciò ha da sempre creato grandi difficoltà ai datori di lavoro e ai professionisti che li assistono per le conseguenze che ne derivano in fase di gestione del rapporto di lavoro e nell’ipotesi di contenzioso. Le linee guida potrebbero giungere dall’accordo interconfederale che vedrà la luce il 9 marzo. In attesa, è utile fissare alcuni principi fondamentali da tenere in considerazione sulla scorta delle indicazioni dell’Ispettorato nazionale del lavoro e della Fondazione Studi dei Consulenti del lavoro.

La circolare dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro n.3/2018 in materia di contratti collettivi, offre lo spunto per rivolgere alcune considerazioni su un tema tanto delicato quanto importante per i datori di lavoro ed i professionisti che li assistono per le conseguenze che ne derivano sulla disciplina in materia di lavoro e comunque quella ad essa collegata.
Parliamo della rappresentatività degli agenti negoziali ed in particolare delle prerogative assegnate a quelli comparativamente più rappresentativi.
La questione è stata al centro della citata circolare dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro che ha fatto una disamina delle conseguenze derivanti dalla mancata applicazione dei contratti collettivi sottoscritti da organizzazioni comparativamente più rappresentative sul piano nazionale alla luce dell’esigenza di effettuare verifiche in ogni ambito nel quale la mancata applicazione dei c.d. contratti leader possa determinare con maggiore frequenza problematiche di dumping.
CCNL: cosa è cambiato negli ultimi anni
Al di là delle prerogative dell’Ispettorato del lavoro, su cui non si sono registrate recenti novità, quello che è cambiato è piuttosto il quadro generale in materia di contratti collettivi di lavoro.
La crisi economica degli ultimi anni, l’innovazione tecnologica che ha inciso sui processi produttivi e quindi sulle modalità di svolgimento della prestazione lavorativa, nonché la spinta legislativa finalizzata a valorizzare ed agevolare il ruolo della contrattazione di secondo livello, in particolare quella aziendale, sono elementi che hanno portato alla proliferazione dei contratti collettivi di lavoro.
A fornire una chiara tangibilità del fenomeno, il dato relativo al numero dei contratti collettivi di lavoro censiti dal CNEL, giunti a dicembre scorso a ben 868, rispetto ai 512 presenti solo cinque anni prima. Quasi il 70% in più!
A questo proposito, occorre ricordare che se la mancata attuazione del quarto comma dell’articolo 39 della Costituzione consente alle parti libertà di scelta del contratto da applicare per regolare il rapporto di lavoro, il legislatore ha di converso assegnato esclusivamente ad alcuni contratti collettivi firmati da associazioni sindacali dotate di un adeguato grado di rappresentatività, attraverso il rinvio legale numerose prerogative.
Peraltro, va considerato che il richiamo al contratto collettivo può essere fatto dal lavoratore che richiedesse il rispetto del parametro costituzionale previsto dall’art. 36 Cost. (ex plurimis Cass., nn. 12608/1999; 8565/2004; 16340/2009, 26742/2014, 26140/2015).
Ricordiamo inoltre che, ai fini contributivi,  l’articolo 1, comma 1, del D. L. n. 389/1989, convertito dalla Legge n. 389/1989 (confermato dall’art. 6, comma 8 del D. Lgs. n. 314/1997), prevede che la retribuzione da assumere come base per il calcolo dei contributi di previdenza ed assistenza sociale non può essere inferiore all’importo delle retribuzioni stabilito da leggi, regolamenti, contratti collettivi, stipulati dalle organizzazioni sindacali più rappresentative su base nazionale, ovvero da accordi collettivi o contratti individuali, qualora ne derivi una retribuzione di importo superiore a quello previsto dal contratto collettivo. L’art. 2, comma 25 della legge n. 549/1995, ha fornito l’interpretazione autentica rilevando che in caso di pluralità di contratti collettivi intervenuti per la medesima categoria, la retribuzione da assumere come base per il calcolo dei contributi previdenziali ed assistenziali è quella stabilita dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative nella categoria. Tale previsione è giustificata dal precetto costituzionale dell’art. 38 Cost.

Le indicazioni per le ispezioni

L’Ispettorato Nazionale del Lavoro, in questo quadro di proliferazione di contratti collettivi di lavoro, ha ricordato i principali riferimenti normativi che rinviano al grado di rappresentatività dell’agente negoziale firmatario degli accordi.
Ed è ai rinvii legali che ha fatto riferimento l’Ispettorato Nazionale del Lavoro con la circolare n. 3/2018.
In particolare, quattro i riferimenti normativi oggetto d’attenzione:
– Articolo 8 del D. L. n. 138/2011 in materia di contratti di prossimità;
– Articolo 1, comma 1175 della Legge n. 296/2006 in materia di agevolazioni;
– Articolo 1, comma 1, D. L. n. 338/1989 in materia di imponibile ai fini contributivi;
– Articolo 51, D. Lgs. n. 81/2015 in materia di disciplina dei contratti di lavoro.
In tutti e quattro casi, l’INL indica al personale ispettivo come procedere in sede di accertamento.
Norma
Previsione
Conseguenze
Articolo 8 del D. L. n. 138/2011
I contratti collettivi di lavoro sottoscritti a livello aziendale o territoriale da associazioni dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o territoriale ovvero dalle loro rappresentanze sindacali operanti in azienda
Il personale ispettivo, in sede di accertamento, dovrà considerare come del tutto inefficaci detti contratti, adottando i conseguenti provvedimenti (recuperi contributivi, diffide accertative ecc.);
Articolo 1, comma 1175 della Legge n. 296/2006
I benefici normativi e contributivi previsti dalla normativa in materia di lavoro e legislazione sociale sono subordinati al possesso, da parte dei datori di lavoro, del documento unico di regolarità contributiva, fermi restando gli altri obblighi di legge ed il rispetto degli accordi e contratti collettivi nazionali nonché di quelli regionali, territoriali o aziendali, laddove sottoscritti, stipulati dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale
Perdita dei benefici normativi e contributivi
Interpretazione autentica dell’articolo 1, comma 1, D. L. n. 338/1989 operata dall’articolo 1 comma 25 Legge n. 549/1995
In caso di pluralità di contratti collettivi intervenuti per la medesima categoria, la retribuzione da assumere come base per il calcolo dei contributi previdenziali ed assistenziali è quella stabilita dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative nella categoria.
Recupero dei contributi dovuti sulla retribuzione prevista dai contratti collettivi stipulati dalle OOSS comparativamente più rappresentative
Articolo 51, D. Lgs. n. 81/2015
Salvo diversa previsione, ai fini del presente decreto, per contratti collettivi si intendono i contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e i contratti collettivi aziendali stipulati dalle loro rappresentanze sindacali aziendali ovvero dalla rappresentanza sindacale unitaria
Gli effetti derogatori o di integrazione della disciplina normativa non possono trovare applicazione.
Ciò potrà comportare la mancata applicazione degli istituti di flessibilità previsti dal D. Lgs. n. 81/2015 e, a seconda delle ipotesi, anche la “trasformazione” del rapporto di lavoro in quella che, ai sensi dello stesso Decreto, costituisce “la forma comune di rapporto di lavoro”, ossia il contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato

Nozione di “sindacato comparativamente più rappresentativo”

Le norme, le cui previsioni non sono peraltro perfettamente sovrapponibili, fanno riferimento alla nozione di sindacato comparativamente più rappresentativo.
L’avverbio comparativamente significa che, in presenza di più contratti collettivi, occorre operare un confronto (rectius: comparazione) per verificare qual è quello stipulato da associazioni sindacali più rappresentative rispetto agli altri.
Nel confronto si potrà tener conto, ad avviso dello scrivente, della rappresentatività derivante anche del cumulo di più agenti negoziali firmatari.

Quali sono i parametri di cui tenere conto

Senza entrare nel merito della vexata quaestio dell’assenza di una disciplina legale relativa alla rappresentatività delle associazioni sindacali, quello che interessa è ricordare quali sono i parametri per individuare le associazioni più rappresentative frutto della giurisprudenza in materia.
Riprendendo, altri documenti di prassi del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali evidentemente utili al fine di conoscere l’orientamento in termini di attività ispettiva, l’Interpello n. 27 del 15 dicembre 2015 ha ricordato che con circolari del 9 novembre 2010 e del 6 marzo 2012, nonché con circolare n. 13 del 5 giugno 2012, gli indici sintomatici già indicati dalla consolidata giurisprudenza della Corte di Cassazione, cui occorre fare riferimento ai fini della verifica comparativa del grado di rappresentatività in questione:
– numero complessivo dei lavoratori occupati;
– numero complessivo delle imprese associate;
– diffusione territoriale (numero di sedi presenti sul territorio e ambiti settoriali);
– numero dei contratti collettivi nazionali sottoscritti.

Difficoltà per gli operatori

Se provocatoriamente però si ponesse la questione relativa a quale in concreto sia il contratto collettivo comparativamente più rappresentativo in una determinata categoria siamo proprio sicuri che la risposta sia così agevole? Certamente non lo è in termini di oggettività, posto che non esiste ne potrebbe esistere uno strumento in grado di verificare costantemente in maniera agevole qual è il contratto comparativamente più rappresentativo.
Una chiara analisi di tale difficoltà è stata oggetto dell’Approfondimento della Fondazione Studi del Consiglio nazionale dei Consulenti del lavoro del 12 febbraio 2018 che ha correttamente ricordato come risulta evidente che nell’attuale panorama normativo giuslavoristico non esista una effettiva concretizzazione ed individuazione determinata del concetto di “organizzazioni comparativamente più rappresentative sul piano nazionale”.
A complicare il quadro il fatto che il requisito è variabile in quanto occorre individuare anche il momento nel quale occorre procedere alla verifica del rispetto delle condizioni previste dalla norma che richiedono il requisito.
Molto più concretamente, la questione più spinosa che investe i datori di lavoro (non affrontata dalla circolare, verosimilmente poiché tale elemento non incide sull’opportunità o meno di intensificare l’attività ispettiva) riguarda non tanto le conseguenze della mancata applicazione dei contratti collettivi sottoscritti da organizzazioni comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, quanto piuttosto su chi incombe l’onereprobatorio di dimostrare, in caso di controversie, la rappresentatività delle organizzazioni firmatarie del contratto applicato.
Un punto sul quale sono tutti d’accordo è la difficoltà di dimostrare la sussistenza di tale requisito, peraltro variabile a livello temporale, spaziale e merceologico. Difficoltà evidentemente esistente per coloro che in giudizio avranno l’onere probatorio di dimostrarlo.
A tal fine, come ricorda la Corte di Cassazione, Sent. 5 giugno 2015, n. 1168, “ è principio generale che in tema di riparto dell’onere della prova ai sensi dell’articolo 2697 c.c., l’onere di provare i fatti costitutivi del diritto grava sempre su colui che si afferma titolare del diritto stesso ed intende farlo valere, ancorché sia convenuto in giudizio di accertamento negativo, di modo che e’ l’istituto previdenziale a dover dimostrare i fatti costitutivi del proprio credito, ancorché sia stato convenuto in un giudizio di accertamento negativo (cfr. in tal senso Cass. 4.10.12 n. 16197, 10.11.2010 n. 22862, 10.9.2010 n. 19354 e 18.5.2010 n. 12108). Nel giudizio promosso dal contribuente per l’accertamento negativo del credito previdenziale, dunque, incombe all’INPS l’onere di provare i fatti costitutivi della pretesa contributiva”.
Non va tuttavia sottovalutato un aspetto certamente importante che riguarda il caso di grande rilevanza relativo alle agevolazioni e più in generale dei benefici economici e normativi richiamati dall’articolo 1, comma 1175 della Legge n. 296/2006.
Su questo, la giurisprudenza afferma che “ ai sensi dell’art. 2697 c.c., grava sull’impresa, che – in deroga all’ordinario obbligo contributivo – invoca il diritto al riconoscimento di benefici (come gli sgravi etc.), la prova dell’inesistenza dei fatti negativi e il relativo onere può essere soddisfatto con la dimostrazione di uno specifico fatto positivo contrario ovvero mediante presunzioni da cui possa desumersi il fatto negativo “ (Cass. 1 ottobre 2015, n. 19639 Cass. 16 aprile 2015, n. 7781; Cass. 16 dicembre 2003, n. 19262; Cass. 7 luglio 2004, n. 12530; Cass. 27 luglio 2007, n. 16351; Cass. 26 ottobre 2010, n. 21898; Cass. 22 luglio 2014, n. 16639; Cass. 23 novembre 2004, n. 22064; Cass. 7 aprile 2008, n. 8988; Cass. 9 giugno 2008, n. 15162; Cass. 10 novembre 2010, n. 22872). Ciò significa che nel caso in cui gli ispettori di vigilanza rilevassero che il datore di lavoro applica un contratto non sottoscritto da organizzazioni comparativamente più rappresentative sul piano nazionale potranno procedere alla revoca delle agevolazioni godute e sarà poi il datore di lavoro a doverne dimostrare il diritto ad usufruirne.

Considerazioni conclusive

Sicuramente sarebbe utile conoscere a priori quali sono i dati in possesso dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro relativi ai contratti leader che verranno utilizzati in sede di attività ispettiva.
Un dato certamente necessario per assicurare uniformità dell’attività ispettiva ma utile altresì per i terzi nell’ottica di prevenzione del contenzioso. Anche perché, oltre ai rinvii legali indicati dall’INL nella circolare n. 3/2018, ve ne sono numerosi altri di analoga importanza.
Quali, ad esempio, la disciplina degli appalti pubblici regolata dal D. Lgs. n. 50/2016, nonché i numerosi rinvii all’articolo 51 del D. Lgs. n. 81/2015 contenuti nella disciplina in materia di ammortizzatori sociali, premi di risultato, ecc..
fonte: IPSOA